Orlandina, un anno amaro. Ora si pensa a ricostruire
Una retrocessione amara da digerire, arrivata dopo una storica stagione che aveva portato Capo d’Orlando in Europa. Si è provato di tutto, dal modificare radicalmente il roster al cambio dell'allenatore, scelta dolorosa quella di separarsi da Gennaro Di Carlo, ma non è bastato. Dopo 4 stagioni consecutive in Serie A, l’Orlandina Basket è retrocessa in A2. Un verdetto amaro quello del campo, che contemporaneamente all’incredibile ed assurda doppia vittoria di Pesaro al Forum di Assago contro Milano ed all’Adriatic Arena contro Venezia, ha sancito la prima retrocessione sul campo della squadra di proprietà della famiglia Sindoni.
Un finale di stagione incredibile per i siciliani, che dopo la vittoria esterna al Pala Pentassuglia di Brindisi credevano probabilmente di aver fatto un piccolo passo per la salvezza. Ed invece solo delusioni da quel momento, con la striscia positiva della Vuelle che ha ribaltato le carte in tavola. Si è fatto il “passo più lungo della gamba”? Probabilmente. C’è anche da analizzare però che con la coppa ancora da giocare, fino a dicembre, l’Orlandina si trovava ai margini delle prime otto posizioni. Poi il baratro, le 20 sconfitte consecutive. Perché più perdi, più è complicato uscire dal momento negativo. Si è cambiato tutto quello che si è potuto, dicevamo, ma forse troppo tardi. Quando il macigno è grosso, quando il peso sulle spalle arriva fino alla città, quando la negatività probabilmente aleggiava dentro quel magico palazzetto che ha perso per qualche mese tutto l’incantesimo positivo. Poi Cantù, 4 mesi dopo l’ultima vittoria casalinga. Successo amaro però, perché Pesaro batteva Venezia. Dopo aver espugnato per il terzo anno consecutivo, sempre nelle ultime giornate di campionato, il Forum di Assago.
Una stagione complessa, che però non ha ancora una fine. Perché, se l’Orlandina è già proiettata al futuro con la certezza di una sicura partecipazione al campionato di Serie A2 e con la voglia di allestire un roster molto competitivo, dalle Marche arrivano notizie insperate. Il presidente della Vuelle Pesaro, Ario Costa, potrebbe lasciare la società per ricoprire l'incarico di direttore generale della Lega Basket. Le dimissioni dell'ex pivot della Nazionale scatenerebbero una reazione a catena, con il serio rischio di portare all'addio del presidente del consorzio Luciano Amadori e relativi problemi legati al main sponsor, che Pesaro – unica tra le 16 partecipanti – non ha avuto nell'ultima stagione. A tal punto la squadra potrebbe essere consegnata al sindaco Matteo Ricci che erediterebbe una Pesaro senza debiti ma anche senza risorse. Con questa situazione, lo storico club biancorosso rischia di non potersi iscrivere oppure, seguendo l'esempio di tre anni fa della Virtus Roma, potrebbe chiedere l'auto-retrocessione nella categoria inferiore. Nelle due ipotesi, Capo d'Orlando è pronta al ripescaggio, da prima avente diritto. L'aria che si respira è quella dell'immediato riscatto, per risorgere e ripartire di slancio nell'anno delle tre promozioni. Ma se fosse ancora Serie A, beh… l’euforia sarebbe certamente maggiore.
LA FAVOLA DELLA CHAMPIONS LEAGUE - Quando a settembre la qualificazione in Champions league si era compiuta, avevo scritto per SM questo mio pensiero, quanto mai attuale. "Esiste un confine sottilissimo tra il sognare ed il vivere ad occhi aperti. Come quando sogni di stare con una persona e poi magari ci riesci, vivendola realmente. Oppure se ti chiami Orlandina Basket. Perché questa non è, e non può essere, una semplice squadra di pallacanestro. La storia di questa squadra non è secolare, non ha radici in qualche storia appassionante. Questo team però la sta raccontando quella storia appassionante, e tra qualche anno si potrà raccontare.
Una squadra che aveva prima raggiunto l’apice, poi cacciata nei bassifondi, ripartita dalla Serie C e tornata propotentemente in Serie A, qualificandosi ai play-off vincendo Gara-1 al Forum di Assago contro l’Olimpia Milano ed infine qualificata alla Champions League dopo aver dominato Saratov per almeno una partita e mezza. Una squadra che ha un’identità ben precisa: i Sindoni, Enzo e Peppe, protagonisti principali di una splendida favola, meravigliosi interpreti di un sogno condiviso da 13 mila anime, rappresentanti di un popolo che ha fiducia quasi cieca in loro. Poi il PalaSikeliArchivi, quel palazzetto dove tutto può davvero succedere. Dove una squadra cacciata nei bassifondi risale fino a sfidare un intero continente. Dove 12 giocatori, chiunque essi siano, diventano eroi se indossano quel l’elegante casacca biancoblu con inserti dorati. Quel palazzetto dove “Urlando contro il cielo” non è solo la canzone d’ingresso della squadra, ma un modo per dire “non abbiamo timore di nessuno”.
Gabriele Ferruccio
Ph: uff stampa Betaland Capo d'Orlando/Joe Pappalardo