Il ricordo di Big Elio
Questa sera, con il Memorial dedicato al suo nome e alla sua indimenticabile figura, Brindisi ricorda Elio Pentassuglia. Ed è una bella cosa, perché riafferma il forte legame con le radici e la necessità che, soprattutto nello sport, non vengano mai rinnegati i personaggi, i fatti, gli eventi che hanno fatto la storia. Si dice, ed è vero, che non sapremo mai chi siamo se non avremo conosciuto da dove veniamo. E cioè quale è stata la nostra storia, chi sono stati i nostri Padri. Sì, con la "P" maiuscola: la stessa P di Pentassuglia che per Brindisi è stato uno dei padri fondatori e per il basket italiano uno dei padri più apprezzati, amati e innovatori.
Il direttore di Supporter's Magazine mi ha chiesto di ricordarlo con queste brevi righe. I suoi risultati sono noti, la sua figura, il suo carattere, quello che riusciva a trasmettere a chi gli stava accanto forse un po' meno, almeno tra i più giovani. L'ho conosciuto tanto, tantissimo tempo fa, alla mia prima esperienza da inviato proprio a Brindisi per raccontare il "miracolo" di questa città che aveva raggiunto le Leghe professionistiche.
Un incontro rapido e poco influente sulla considerazione che avrei in seguito maturato sulla sua personalità, umana prima ancora che tecnica. Furono gli anni trascorsi a Rieti, tra i settanta e gli ottanta, a farmi invece conoscere l'uomo e ad approfondirne i tratti di un carattere che ad un contatto fugace e approssimativo poteva sembrare ispido, ironico, portato a respingere ogni familiarità al di fuori del suo gruppo ristretto di amici e di atleti, e che nascondeva invece una profonda tristezza, spiegata poi dalla conoscenza successiva della tragedia familiare che lo aveva colpito, lasciandolo solo con i suoi ricordi e le sue angosce, esorcizzati con l'impegno assoluto in palestra.
A RIETI ANNI INDIMENTICABILI
In quegli anni a Rieti (prima squadra del Lazio per risultati e quindi seguita in modo particolarmente attento dal mio giornale, il Corriere dello Sport) il contatto fu pressoché quotidiano: interviste, cronache, trasferte con la squadra (Brina, Althea, Arrigoni) con la compagnia costante di Italo di Fazi e del presidente Milardi, due figure di eccezionali dirigenti sportivi come all'epoca ve n'erano molti, giustificando il "boom" che la nostra pallacanestro stava vivendo.
Lo ricordiamo quasi tutti come "Big Elio" per la sue considerevoli dimensioni. Ho nella memoria la sua figura e il suo abbigliamento divenuto quasi una divisa: pantaloni marroni e polo di lana nera. Ricordo perfettamente - e sono passati quasi quarant'anni - il suo sorriso a mezza bocca perennemente stampato sul viso, anche quando in allenamento faceva finta di infuriarsi urlando rimproveri e imponendo correzioni ai suoi giocatori.
Ma ricordo anche l'affetto paterno con il quale cresceva i suoi ragazzi, quelli che era andato a scovare nella vicina Spoleto facendo le fortune loro, della Sebastiani Rieti, del basket italiano: Brunamonti e Zampolini, e quelli che a Rieti aveva scoperto facendone degli ottimi giocatori di Serie A al fianco di una bandiera come Simeoni: Sanesi, Cordoni, Torda, Blasetti (che raggiunse anch'egli la Nazionale), Olivieri che oggi è il delegato provinciale del CR Fip Lazio, chiedendo venia per quanti non ricordo in queste righe. Insieme a questi ragazzi, il mito: Willie Sojourner, l'amico del cuore di Julius Erving (che negli anni passati venne a Rieti quando a Willie fu dedicato il locale PalaSport).
Con questi personaggi riuscì a raggiungere i vertici nazionali ed europei, raggiungendo le semifinali in A1 e una finale e subito dopo il titolo, battendo il Partizan Belgrado, di Coppa Korac.
LA MALEDIZIONE DI QUELL'INCIDENTE
Big Elio, ma io posseggo ancora alcune immagini di Pentassuglia giocatore, magro come un chiodo e dopo tanti anni (la sua vita fu stroncata da un tragico incidente stradale ventisei anni, la stessa fine del suo grande amico Sojourner: quasi una maledizione per il basket reatino), il ricordo vaga tra altre memorie, piccoli flash carichi di nostalgia per un personaggio unico della pallacanestro italiana, di cui si ricordano le battute fulminanti (tutti conoscono lo sketch con Barbuto, importante giornalista del Mattino, nella sua esperienza napoletana sull'opportunità di tirare o meno i liberi a fine partita quando il regolamento consentiva l'opzione di mantenere il possesso della palla) ma soprattutto l'umanità profonda.
Tornando a Brindisi in occasione dell'ultima partita che sanciva la promozione in Serie A, rimasi colpito dal tributo che i tifosi avevano voluto dedicare a due figure indimenticabili del basket brindisino: le gigantografie di Claudio Malagoli e, appunto, di Elio Pentassuglia, il segno evidente di una riconoscenza profonda nei confronti di chi aveva fatto sognare facendosi amare. In fondo, la medaglia più bella per chi fa sport.
Mario Arceri