Datome, valore aggiunto in campo e fuori

Scritto da Redazione on . Postato in Post.it di Mario Arceri

363404809_669931651843424_355693464510240208_nEH SÌ, È SEMPRE MEGLIO lasciare da vincenti che continuare a trascinarsi nel sogno – più che nel segno – di una gloria passata. Lo sport ce lo insegna, con i tanti esempi offerti negli anni. C’è chi si avvolge in una bandiera come se lo proteggesse dall’età che avanza rapida e impietosa, e c’è chi si rifugia nella comfort zone di leghe meno impegnative per allungare il prepensionamento. Nel calcio adesso sono gli arabi ad offrire ricchissimi ricoveri a chi è stato davvero grande, ma ora un po’ meno.

Per dire basta subito dopo aver vinto uno scudetto da MVP ci vuole però tanto coraggio, tanta maturità, tanta consapevolezza che i propri confini sono molto più vasti di quelli di un campo da basket. E che, dicendo basta, non si spegne una vita, ma se ne apre un’altra, altrettanto, se non più, appagante e, soprattutto, con obiettivi ben chiari.

Parlo, è evidente, di Luigi Datome che nei giorni scorsi ha annunciato il suo ritiro dopo la World Cup di settembre nelle Filippine. Anche in questa scelta dei tempi (subito l’annuncio, prima del campionato l’effetto), c’è tutta la grandezza del campione che, capitano della Nazionale, non abbandona i suoi compagni finché l’esperienza mondiale non si sarà conclusa. Anche perché, ha detto, il suo cruccio maggiore è non aver mai vinto nulla in azzurro: impossibile esentarsi, dunque, da quest’ultimo tentativo.
Il futuro immediato è un posto dietro la scrivania dell’Olimpia, quello successivo non ha limiti, non dimenticando la profezia di Gianni Petrucci del Datome presidente federale.

ascolta qui Afternoon, il podcast di Datome e Melli da Folgaria

Conoscendo Gigi da quando, appena quindicenne, arrivò a Siena senza destare troppi entusiasmi, al punto che fu girato per due stagioni a Scafati dove cominciò a farsi le ossa per venire poi acquisito dalla Virtus Roma dove è rimasto per ben sei stagioni, immagino che la scelta di dare un taglio non sia stata facile, ma sicuramente ponderata e convinta.

Il basket italiano a settembre perderà uno dei suoi pochi campioni veri di questo ventunesimo secolo, ma acquisterà un personaggio che saprà trasferire nel nuovo ruolo che sta per acquisire esperienza, maturità, saggezza e soprattutto cultura, profonda e vera, quella che si costruisce sui libri e con lo studio, con l’arte e non, va sans dire, nei social. La speranza è che il suo esempio sia compreso e seguito, soprattutto dai giovani.

Il contributo di Datome al basket italiano è rivelato dai numeri: 120 presenze nei campionati di categoria (in pratica mai una rinuncia), 197 finora nella Nazionale maggiore con 1686 punti ed un canestro in particolare da ricordare perché segnò, in positivo, per sempre la sua carriera: palla rubata, contropiede, schiacciata. A Sassari davanti alla sua gente contro la Turchia di Tanjevic, in quell’attimo ebbe la percezione di poter “osare”, la consapevolezza dei suoi mezzi, la convinzione di poter recitare un ruolo decisivo in Europa dove tra il 2013 e il 2020 ha trascorso gli anni più importanti della carriera, tra la deludente esperienza in Nba e gli anni d’oro di Istanbul con il Fenerbahce, esperienza a lungo condivisa con Nicolò Melli.

Gigi è uno dei “Fab Four” del basket italiano, e cioè i quattro giocatori (con lui anche Bargnani, Belinelli e Gallinari) che avrebbero dovuto comporre la Nazionale più forte di sempre e che tra errori, assenze o infortuni, non hanno mai potuto esprimere insieme il potenziale di cui erano legittimamente accreditati.

Datome sarà presente al primo raduno azzurro. Da bravo capitano, primo – ed unico finora - ad essere convocato visto che lo stesso Petrucci (e la Fip su FB) ha anticipato la lista di Pozzecco per dargli appuntamento a Folgaria. Protagonista anche a Manila: il modo migliore per chiudere un lungo stupendo viaggio e, da parte del basket italiano, per rendere onore a uno dei suoi campioni migliori.

NEL 1999, MENTRE L’ITALIA a Parigi batteva la Spagna nella finale europea guadagnandosi il suo secondo titolo continentale, la Spagna dei più giovani conquistava a Lisbona il titolo mondiale Under 19. Tra gli altri in squadra aveva Pau Gasol, Berni Rodriguez, Navarro, Reyes, e cioè l’ossatura di quella generazione che una manciata d’anni dopo avrebbe cominciato a dominare in Europa e imporre il proprio segno anche nel Mondo (2006 a Saitama e 2019 a Pechino). 24 anni dopo, a Debrecen, la Spagna è tornata a vincere il Mondiale giovanile, battendo in finale la Francia, mentre al terzo posto è finita la sorprendente Turchia che ha clamorosamente scacciato dal podio gli Usa.

354256038_646121994224390_7541166876122000599_nInsomma, il potere iberico non accenna a diminuire di intensità, si estende anzi nelle categorie giovanili anche a livello mondiale e annuncia, per la gioia di Sergio Scariolo, una nuova “generacion dorada” guidata da Izan Almansa. Se all’Eurobasket di Lubiana ha destato un po’ di sorpresa il successo del Belgio che ha soffiato l’oro alle spagnole con una grandissima prestazione di Emma Meesseman come ci racconta Marino Petrelli su  Basket Magazine, nelle altre competizioni di categoria la Spagna continuerà a collocarsi nelle posizioni più alte, anche se sarà difficile ripetere la performance della passata stagione: tutte le squadre in finale, a livello sia assoluto che giovanile (tutti d’oro i ragazzi, tutte d’argento le ragazze, ma già nell’Under 18 di quest’anno la prima finale è sfumata contro la Francia).

L’Italia invece è in allarme, soprattutto quella parte che si occupa del basket femminile: figuraccia a Tel Aviv della Nazionale maggiore, anche peggio a Konya nell’Europeo Under 18 dove le azzurre, nonostante la taumaturgica guida di Giovanni Lucchesi, hanno sfiorato addirittura la retrocessione in Serie B, evitata proprio all’ultimo vincendo prima una specie di spareggio con il Portogallo. Battute nettamente dalle lusitane (59-75) nella prima fase, le hanno strappato il successo nella semifinale per il 13° posto vincendo 45-44 grazie ad una provvidenziale tripla di Virginia Tempia, diciottenne bresciana di 1.88, realizzata ad 1 secondo dalla conclusione della partita. Poi il giorno successivo hanno messo al sicuro la permanenza tra le migliori 16 del continente superando in maniera più convincente la Rep. Ceca. Non meglio l’Under 20 maschile: ko con il Belgio e vittoria su Israele nelle due giornate iniziali.

Già lo scorso anno, al ritorno in Europa dopo le assenze precauzionali nel post-pandemia, il bilancio era stato davvero magro, almeno al confronto con gli anni precedenti, con l’unico bronzo vinto dalle ragazze Under 20, ma con un comportamento più che decoroso di tutte le altre squadre. Vedremo in estate, nei prossimi impegni degli azzurrini, se l’Italia saprà cambiare rotta o se qualcosa s’è inceppato nei meccanismi finora ben oliati delle selezioni giovanili. Per il momento, il trend sembra negativo, undicesima la femminile ai mondiali in Spagna U19, nona la maschile agli europei U18. 

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Mario Arceri 

foto: Marco Biondi Ciamillo/Castoria e Marino Petrelli/SM 

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